Lettera di partenza,
Dal “Deserto” di S.Agata 2 Golfi Gennaio 1999
Anche se, per grazia di Dio, l’animo non è invecchiato, non posso negare di sentirmi in dirittura di arrivo; il mio cuore che sta pulsando ormai da 93 anni ha dato ripetuti segni di stanchezza, e il motore, che ha cominciato a perdere colpi, potrebbe fermarsi da un momento all’altro.
Ecco perché cerco di vivere intensamente il nostro evangelico motto estote parati”; e anche se non mi interessa sapere quanto tempo il Signore mi lascerà ancora su questa terra, non posso tuttavia negare – come il mio Guy de Larigaudie – di “sentire tanto la nostalgia del Cielo”. Intendo comunque di accettare con riconoscenza e con letizia quanto la Volontà del Signore avrà disposto riguardo al tempo, al luogo e al modo della mia Partenza da questo mondo, che avrei avuto piacere di lasciare “un po’ migliore” di come l’ho trovato.
Chissà quante volte posso avere sbagliato e, senza rendermene conto, procurato dispiacere o offesa a qualcuno. Ne domando perdono con tutto il cuore, come pure di vero cuore perdono a chi può essere stato motivo di sofferenza per me. “Siamo vasi di coccio che viaggiano a stretto contatto, e se non sono imballati bene di carità possono facilmente incrinarsi…” come scrisse S.Agostino.
Soprattutto però chiedo comprensione e perdono al Signore, invocando l’intercessione della Madonna per le tante omissioni e mancanze di generosità, per avere scarsamente fatto fruttare i molti talenti che mi ha affidato; e mi consolano le parole di S.Giovanni: “se il nostro cuore ci rimprovera, Dio è più grande del nostro cuore, e conosce ogni cosa ” (I Gv). Di quante grazie mi ha favorito il Signore fin dal principio della mia esistenza!
Posso ben dire, ma con profonda compunzione, di essere nel numero dei “privilegiati”. Il clima di “famiglia felice” in cui sono nato da santi Genitori cristianamente consapevoli e fieri delle loro responsabilità, che mi hanno educato, i carissimi fratelli con i quali sono cresciuto, i Sacerdoti esemplari che ho incontrato, l’ottima scuola dei PP. Gesuiti, il “Massimo”, che ho frequentato per 8 anni, sede di una fiorente Congregazione Mariana e del famoso Reparto scout Roma 5°; i personaggi più in vista del mondo cattolico di allora che, sebbene ragazzo, ho avuto modo di avvicinare, ma soprattutto lo Scautismo nel quale, appena fondata l’ASCI nel 1916, fui iscritto come Lupetto dai miei Genitori, sempre aperti e attenti alla ricerca di quanto di meglio potessero trovare per favorire la nostra formazione e la nostra crescita soprattutto spirituale.
Anche mio Padre entrò presto nell’Associazione e fu membro del Comitato Centrale e del Consiglio Generale dal 1918 fino alla soppressione del 1927. La mia famiglia fu l’ambiente nel quale nacque e fiorì la mia vocazione sacerdotale, favorita indubbiamente anche dal clima del reparto, che in quel torno di tempo fornì alla Chiesa altre cinque vocazioni, tra le quali – oltre a mio fratello – quella del P.Agostino Ruggi, fondatore del Guidismo Cattolico, e di Mimmo Maddalena precocemente ritornato alla Casa del Padre.
Il Sacerdozio fu il mio sogno fin dall’adolescenza, e l’ideale della celebrazione della Messa precedette, ma di poco, quello dell’apostolato giovanile. Il raggiungimento di queste due mete seguì un percorso non poco tormentato, che però nei disegni della Provvidenza, fu prezioso per la mia crescita e la mia formazione. Difficoltà, incomprensioni e contrasti non mi sono certamente mancati, ma hanno avuto un peso assai piccolo in confronto delle consolazioni e delle gioie del mio Ministero. Queste sì, che hanno rappresentato quel “centuplo” promesso dal Signore fin di quaggiù e mi hanno colmato di tanta gioia da farmi quasi venire il timore di sentirmi dire, alla resa dei conti: “… ma non hai forse già ricevuto la tua mercede?…”
No, Signore mio! So che nella tua Misericordia non lo dirai, e anche se riconosco che avrei dovuto essere infinitamente più alacre e generoso nell’impiegare i talenti che mi hai affidato, la tua cara Madre, Madonna del Divino Amore che sempre mi ha difeso e protetto, interverrebbe a pregarti di non volermi considerare come un servo infingardo.
E che dire delle grazie di ordine materiale? “Benedici il Signore, anima mia e non dimenticare tanti suoi benefici!” canta il Salmo 102. Anche umanamente parlando, mi devo ritenere un “privilegiato”; il Signore mi ha concesso una modesta agiatezza, e anche in momenti difficili non mi è mai mancato il necessario e anche un po’ di superfluo. Quanto alla salute, nel corso della mia lunga esistenza, non poche e gravi malattie me l’hanno insidiata; ma la Provvidenza non mi ha fatto mai mancare le cure necessarie per potermi ristabilire e riprendere il mio servizio.
Nel periodo della guerra è stata particolarmente evidente la protezione della Madonna del Divino Amore, alla quale mia Mamma aveva consacrato con voto, mio fratello e me. I siluri e le bombe che colpirono le navi sulle quali ero imbarcato come Cappellano, mi lasciarono sempre incolume.
Forse fu anche per l’Eucarestia che, durante la navigazione portavo in una teca con me, sul mio petto… Come pure, durante il periodo della Resistenza, quando – sotto il naso degli occupanti dovetti provvedere a salvare molte decine di militari sbandati e di ebrei perseguitati, fornendoli pure di documenti autenticamente falsificati, mentre io stesso, dalla primavera del ‘43 divenuto Cappellano dello Stato Maggiore della Marina, ero nella lista dei ricercati…
Posso dire di aver toccato con mano la protezione del Cielo. Come posso ringraziare il buon Dio di tutto questo? Le mie espressioni di riconoscenza, per quanto continue e profonde, da sole non possono bastare: sono sempre sentimenti e parole di un pover’uomo; ma con l’inestimabile “privilegio” del mio Sacerdozio, ho il modo di farle salire a Dio “tradotte” in linguaggio divino da quel Gesù che con le mie poverissime mani offro ogni giorno al Padre nella mia Messa, dando così ad esse un valore veramente degno di Dio.
Ma l’espressione della mia riconoscenza si rivolge anche a voi, carissimi Scouts e Guide di ogni età, ai quali da sempre ho dedicato il mio Sacerdozio, cercando di additarvi la vera “Stella” su cui orientare il non facile percorso all’azimut della vostra esistenza. Proprio voi Scout e Guide dai quali ho anche imparato tante cose e che mi avete ripagato con tanto affetto.
Giunto il momento della Partenza, “al cader della sua lunga giornata” guardando nel sole, l’Aquila Azzurra prende il volo verso quel “prato di stelle” dove un immenso cerchio stringe i Beati attorno al fuoco dell’Eterno Amore, e porta voi tutti nel cuore, nella fiducia che la Misericordia di Dio, anche per le vostre preghiere, gli abbia riservato un po’ di posto. “Ma non ‘addio’ diciamo, allor che ancor ci rivedrem, e Dio che tutto vede e sa un dì ci riunirà!”
Cantate così con me, e Dio sia sempre con voi.
Vi benedico e vi abbraccio tutti, più forte di prima. Ci riconosceremo nello “spezzar del Pane”.